giovedì 7 novembre 2013

LA STORIA DEL MONASTERO ORTODOSSO DEI SANTI ELIA E FILARETO

Ecco la storia di un antico e glorioso monastero costruito nell’antica Vallis Salinarium (Valle delle Saline), l’attuale Piana di Gioia Tauro, due chilometri a nord-est di Seminara (RC), e dedicato ai Santi Elia e Filareto. Un monastero importante tanto da interessare lo stesso Imperatore di Bisanzio, Leone VI il Saggio. Un monastero distrutto dal terremoto nel XVI secolo e successivamente abbandonato anche per via dal percorso di latinizzazione forzata delle chiese ortodosse del meridione d’Italia e ora tornato alla luce, grazie all’intervento del Patriarcato di Costantinopoli e della Provincia di Reggio Calabria.
L’intervista al Dr. Oliveri, responsabile del sito www.calabriaortodossa.it , è a cura di Nicola Bergamo
Quando venne fondato il vostro monastero?
Il bíos originale greco di sant’Elia riporta il luogo di fondazione del monastero nell’antica Vallis Salinarium (Valle delle Saline), l’attuale Piana di Gioia Tauro, due chilometri a nord-est di Seminara (RC). Secondo il medesimo bios, una visione avuta in Antiochia di Siria, ad indicare a sant’Elia dove edificare «l’ascetica palestra». Il monastero inizialmente concepito come asceterio, fece accorrere presto i primi discepoli discepoli, fra i quali il monaco Saba, e divenne meta di pellegrinaggio da parte di numerosa folla. L’imperatore romano, Leone VI il Sapiente, donò alla fondazione beni e rendite cospicue. Gli storici datano nell’anno 884 la costruzione del cenobio.
Il fondatore, Sant’Elia, è un personaggio molto importante sia per gli Ortodossi che per i Cattolici: ci può dire qualcosa in più su di lui e sul rapporto con la Calabria?
Elia di Enna, vissuto nel IX secolo, fu uomo di fervida e salda fede in Dio, dotato del dono della profezia e capace di offrire esempi mirabili di vita ascetica e cristiana, tanto da conquistare fama in tutto l’Impero Romano d’Oriente e presso l’imperatore Leone VI. Egli fu intimo di patriarchi e generali, viaggiò molto, attraversò l’Africa del nord (allora sotto il dominio arabo), giungendo fino a Gerusalemme e in Siria; giunse pure ad Amalfi, accolto dal vescovo della città; poi si recò a Roma, dove incontrò il papa Stefano V. Elia è stato, per antonomasia, il santo della Chiesa indivisa, stimato ed onorato in Oriente ed Occidente, a Roma come a Costantinopoli, il «perfetto modello dei monaci» e «regola e norma esatta della vita monastica». Il suo attaccamento ed amore per la terra calabra è testimoniato dalle sue ultime volontà. L’imperatore Leone VI il Sapiente, desideroso d’incontrare Sant’Elia e di beneficiare delle sue preghiere e dei suoi consigli, lo invitò, tramite il messo imperiale Cusonio, a recarsi a Costantinopoli. Elia, benché ormai vecchio e sofferente, accolse l’invito, confidando al suo discepolo Daniele che la morte lo avrebbe colto durante il viaggio. Giunto a Tessalonica, il santo, percependo l’ora del trapasso, chiamò a sé Daniele e gli espresse il desiderio che la sua salma venisse trasportata nel monastero di Seminara. Prevedendo, per divina intercessione, le difficoltà che l’imperatore avrebbe opposto al trasferimento del suo corpo, Elia scrisse una lettera e la consegnò a Daniele impegnandolo di recapitarla a Leone VI subito dopo la sua morte.
Nell’agosto del 903 il santo nasce al cielo e muore alla terra. Leone VI, letta la missiva indirizzatagli, ordinò l’immediato trasferimento nel Monastero delle Saline delle umane spoglie del santo, adempiendone così le ultime volontà: «… non lasciare il mio corpo qui [Daniele]… Infatti, qualora fosse trasportato nella capitale, esso non porterebbe alcun giovamento all’imperatore, né Dio accetterebbe tale fatto come un bene».
Dopo lo scisma tra Oriente ed Occidente avvenuto nel 1054, e specialmente, dopo la cacciata dei Romei per mano del Guiscardo avvenuta nel 1071, quali furono i rapporti tra Ortodossi e Cattolici in quelle terre calabre.
Il processo di latinizzazione, dopo la conquista normanna dell’Italia meridionale, non fu d’immediata realizzazione. Le popolazioni, greche per lingua e cultura, continuarono a guardare ad Oriente e a considerare le gerarchie ecclesiastiche tradizionali un punto di riferimento sicuro. Non a caso, e proprio in questo territorio, nel 1094 San Luca il Grammatico di Melicuccà, uno dei massimi difensori dell’Ortodossia in Calabria, venne eletto vescovo «sul trono della cattedrale di Isola» (forse Isola Caporizzuto?), colmando un vuoto creatosi nelle gerarchie ecclesiastiche ortodosse dopo che Basilio, Arcivescovo di Reggio e Metropolita della Sicilia, era stato espulso da Urbano II per insediare al suo posto un cattolico latino, che si tenne sempre lontano dalla sede assegnatagli, perché quasi tutta composta di Greci.
Per più di 45 anni, il vescovo Luca attraverserà la Calabria e parte della Sicilia, e, in questo percorso improbo e tortuoso, ordinerà sacerdoti e sosterrà le popolazioni greche.
Nel periodo normanno il Monastero che funzione ebbe?
Continuò ad essere un importante luogo di culto, meta di innumerevoli pellegrini desiderosi di venerare le miracolose reliquie dei santi protettori del cenobio. Fu centro culturale, possedette una delle biblioteca più ricche di altri monasteri del territorio nella quale furono conservati importanti testi liturgici ed opere di letteratura profana, tra i quali un volume contenente parte delle opere di Omero ed Aristofane, e un manoscritto con l’Ecuba di Euripide. Il monastero imperiale di S. Elia fu assegnato da Roberto il Guiscardo nel 1062 all’abbazia benedettina di S. Maria, nella valle di Nicastro, nel luogo detto di San’Eufemia. Dieci anni più tardi (1072), divenne luogo di culto per san Filareto e successivamente intitolato anche al nuovo santo: infatti, compare come monastero di Sant’Elia il Nuovo e San Filareto sia nel diploma di Ruggero II (febbraio 1133), sia nell’atto datato 3 ottobre 1329 in cui Neofito è identificato come egùmeno dello stesso monastero di Seminara. Altri documenti comprovano la sua esistenza dal XII al XV secolo.
Quando fu distrutto il Vostro Monastero? (o quando cadde in disuso)?
Il monastero, dopo essere stato uno dei principali centri di fede e cultura ortodossa, divenne sede del primo Capitolo generale della Congregazione basiliana d’Italia nel 1579. La Chiesa romana utilizzò la congregazione per latinizzare i monasteri greci del Mezzogiorno, favorendo, di fatto, la scomparsa del rito-ortodosso dall’Italia meridionale. Nel XVII secolo decadde sempre più dall’antico splendore. Il terremoto dell’11 gennaio 1693 distrusse gran parte del convento e i monaci furono costretti a trasferirsi in un edificio “fuori le mura” della città di Seminara. I religiosi, dopo aver trascorso venti anni in un ospizio per la cura degli infermi, si trasferirono nel 1711 in un nuovo edificio fatto costruire all’interno della città. Un nuovo terremoto, quello del 1783, che sconvolse tante parti della Calabria meridionale, non risparmiò Seminara. Il governo di Ferdinando IV di Borbone soppresse i piccoli monasteri e i loro beni furono assegnati alla neo-costituita Cassa Sacra con il fine di mettere in vendita e poi utilizzarne il ricavato per sopperire alle ingenti spese di ricostruzione delle aree colpite dal sisma. Fu l’atto di morte ufficiale di un monastero che era esistito per nove secoli.

Quando venne ricostruito e perché?
Il monastero fu ricostruito nella prima metà del duemila, grazie all’interessamento del Patriarcato ecumenico di Costantinopoli e ad un finanziamento concesso dalla Provincia di Reggio Calabria.
Il 30 ottobre 2005, il cenobio fondato undici secoli prima da Sant’Elia di Enna riapriva, nel luogo anticamente chiamato “fuori le mura” e con la benedizione di S.E. Gennadios, Metropolita Ortodosso d’Italia e Malta.
Da chi è retto il Monastero al giorno d’oggi? Che legame c’è con Bisanzio e le sue tradizioni?
Oltre alla religione Ortodossa, la popolazione parla ancora greco? Cosa è rimasto di romeo in Calabria al giorno d’oggi? Il monastero, oggi femminile, è sotto la giurisdizione della Diocesi ortodossa d’Italia e Malta, del Patriarcato ecumenico di Costantinopoli ed è retto dell’egumena Stefania. Ogni domenica è possibile assistere alla Divina Liturgia celebrata dal sacerdote, padre Elia, nel Katholikon. Purtroppo di antiche tradizioni romee nella Piana di Gioia Tauro ne sono rimaste poche, sono invece presenti importanti siti archeologici in Taureana di Palmi e a Rosarno. Le popolazioni locali hanno smesso di parlare l’idioma greco nella prima metà dell’ottocento. Permane, comunque, in alcune zone della Calabria e in particolare nella Vallata dell’Amendolea, in provincia di Reggio Calabria, un ampia area grecanica dove è possibile ascoltare una parlata locale molto simile all’antico greco. Un altro esempio di tradizione scritta greco-romana è il “Codex Purpureus Rossanensis” custodito nella città di Rossano, un evangelario di fattura bizantina risalente al V secolo. Il manoscritto è uno dei sette codici miniati orientali più antichi esistenti nel mondo.

E’ ancora forte l’Ortodossia nel sud Italia? E perché?
Potrei affermare che l’Ortodossia è forte nel meridione d’Italia perché profonde sono le sue tradizioni e radici storiche. Chiunque studi la storia di questa terra non può fare a meno di parlare d’“Ortodossia”, e l’agiografia dei santi italo-greci è la prova più evidente di questa mia considerazione.
E’ visitabile il Monastero? Avete un sito web di riferimento?
Il monastero può essere visitato e all’interno della chiesa è possibile ammirare i bellissimi affreschi e l’iconostasi tipici degli edifici di culto greco-bizantini. La comunità monastica non dispone ancora di un sito ufficiale, ma alcune informazioni e foto possono essere reperite nel sito da me redatto www.calabriaortodossa.it e nella pagina Facebook di promozione del monastero (http://www.facebook.com/pages/monastero-ortodosso-dei-santi-elia-e-filareto-seminara-rc/189781524386303).

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